Incontro con Paolo Portoghesi
Per gli articoli completi, riferirsi ai link
Maria Teresa Cutrì (link)
l’intervento completo è disponibile seguendo il link.
Domanda 2
Irene De Simone (link)
1. Per il suo progetto di Roma Interrotta, secondo quanto ha affermato, elementi basilari dell’intervento erano il giudizio, il gioco, la ricerca rigorosa, il sogno, l’immaginazione architettonica. In che modo il suo lavoro riusciva a coniugare l’idea del sogno e dell’immaginazione con l’obiettivo di ricostituire l’effetto psicologico del “già vissuto”, ovvero con il desiderio di un ritorno al passato?
2. La condizione di disgregazione ed estensione omogenea della società contemporanea ha portato le grandi metropoli ad annegare il carattere civile di città storica: i cittadini “usano” la città ma non si identificano con essa. E’ necessario ritrovare lo spazio come elemento primario della struttura urbana. Qual è, a suo avviso, la possibile metodologia di intervento sullo spazio preconfigurato del centro storico di Roma? Avrebbe ancora senso prendere in esame la pianta del Nolli come fu fatto nel 2008 per Uneternal City, all’interno dell’undicesima Biennale di Venezia?
Francesco Ciresi (link)
Roma è Natura, sin dalle suo origini architettura e paesaggio sono progredite di pari passo, l’urbanizzazione, la crescita della città sono progredite insieme all’architettura dei Giardini Romani, rigonfi di piante esotiche, di statue e fontane, i Giardini hanno lasciato spazio alle campagne fuori le mura, alle Ville dei Borghese, dei Pamphili. Roma ha sempre rispettato il suo paesaggio naturale aggirandolo e crescendo attorno ad esso; rispettandone soprattutto l’essenza con la coscienza che quel verde, quegli spazi impropriamente denominati “vuoti” sono realmente parte della forma urbis che da sempre caratterizza la Città Eterna.
Prima che Roma diventasse piatta e informe come una polenta scodellata, i Romani vivevano muovendosi negli strati delle epoche sovrapposte come pesci nell’acqua, in profondità ed in superficie. E certo il male l’ha fatto la speculazione, ma chi ha fatto la speculazione?
G.C. Argan – Introduzione a Roma Interrotta – 1978
Poi è Arrivata la speculazione. Roma ha dimenticato qual’è stata la sua seconda anima, il cemento a preso il posto delle campagne. Da qui la presa di coscienza, la volontà di ripartire, ma ripartire da dove? Nel 1978 la mostra “Roma Interrotta”, cosciente dello strappo, propone il punto di ripartenza. La Pianta Grande del Nolli 1748, la prima carta di Roma elaborata scientificamente, pone in evidenza il tessuto del costruito, alle planimetrie degli edifici di interessi, agli spazi pubblici interni ed esterni, al contesto Naturale.
Negli anni successivi l’attenzione all’ambiente è cresciuta a livello mondiale, e anche Roma che da decenni agognava la necessità di uno strumento che la potesse proteggere, ha finalmente adottato un grande piano urbanistico in cui l’elemento naturalistico e ambientale ne è stato uno dei pilastri ispiratori. Ma questo meccanismo che si è innestato soprattutto nella Capitale dal secondo dopoguerra, si è realmente arrestato? Roma ha ripreso contatto con il suo paesaggio Naturale o questa macchina sta ancora procedendo nascosta intenta a sconvolgere il suo passato?
Maria Anna Petillo (link)
Analogie tra l’ambiente fisico e urbano:
Planimetria dell’intervento per la Casa del Popolo a Roma all’interno della ricerca per “Roma Interrotta” del 1978
Elvira Reggiani (link)
Ledian Bregasi (link)
Alcuni degli schemi di lettura e di intervento proposte da Paolo Portoghesi ricordano i processi naturali di crescita. La forma urbis paragonata ai paesaggi tufacei è riproposta attraverso un schema geometrico molto simile agli L-system. Il Lindenmayer system (sviluppato dall’omonimo biologo ungherese) è un sistema di grammatica formale che si puo usare come un modello dei processi di crescita delle piante. A questo modello di crescita corrisponde anche la forma degli agglomerati di alcune colonie di batteri e funghi.
Questo sistema si basa sulla ripetizione e sulla auto somiglianza delle generazioni che si susseguono. Per capirci meglio, la struttura formale che si crea è molto simile ai frattali o se vogliamo ai broccoli romaneschi.
Approfondendo ancora di più la questione degli L-system si capisce che questa struttura grammatica può rispondere anche al contesto. A questo punto la struttura che si crea è una elemento che cresce secondo una regola immanente ma che comunque risponde al contesto generando forme molto simili a quelle naturali e vive.
Mi è sembrato interessante fare questo approfondimento su alcuni aspetti della generazione delle forme, degli ortaggi romani e della sensibilità verso il contesto
Valentina Garramone (link)
Elena Mattia
Il tema di Roma Interrotta e gli stessi progetti presentati erano pervasi da una forte componente critica e utopica che rinnegava le speculazioni avvenute sul suolo romano per riflettere sulle occasioni mancate e sulla proiezione nel futuro. Il Suo approccio progettuale testimonia l’importanza di tornare alle origini per comprendere e ripensare l’assetto di un luogo: “questo ritorno all’ambiente fisico originario era anche il modo migliore per ritrovare il futuro nel passato, per ipotizzare un intervento nel cuore della città antica che potrebbe spostarsi, senza perdere significato, al margine della città nuova, dove spesso la natura è ancora quelle delle forre vergini di Roma prima di Roma”.
Le esperienze di Roma Interrotta ci insegnano, quindi, tre strumenti progettuali fondamentali: la critica come strumento di analisi, l’utopia e l’astrazione, per allontanarsi dalla realtà.
Lei pensa che queste siano ancora le strategie progettuali per disegnare il futuro?
Laura Colazza (link)
“Ho imparato da Borromini che un cilindro ellittico rappresenta sia l’involucro di un corpo che la sua presenza stessa”. 1
In questo senso il progetto per Roma interrotta è un “grande interno” il cui grande involucro è la terra e che parafrasando Borromini può essere intesa come rappresentazione stessa della presenza dell’umanità.
In questo grande interno c’è un solo orizzonte possibile, (quello della quadratura barocca e delle scene dei Bibiena), e questo orizzonte è il cielo.
La storia dell’architettura è, come sottolinea nel suo libro il prof. A.Saggio, percorsa da un continuo mutamento di orizzonti: il piano inclinato e curvo di Mendelshon, il piano orizzontale per Wright (per citarne alcuni) ed il cielo, a mio avviso, per Portoghesi nella sua proposta per “Roma interrotta”. Se questo è vero ed è rilevante nella sua architettura, come questa viene influenzata dal punto di vista e dal suo orizzonte?
1)F.Gottardo, Paolo Portoghesi Architetto, Gangemi Editore, 2011
Sarah Karimi (link)
Domanda sul capitolo sesto (Paolo Portoghesi):